Rimozione dei memoriali e monumenti confederati

La rimozione della statua dedicata a Robert Edward Lee a New Orleans avvenuta il 19 maggio del 2017

Sulla scia di indignazione scaturita da buona parte dell'opinione pubblica statunitense a seguito della sparatoria e relativo massacro di Charleston avvenuto all'interno della "Emanuel African Methodist Episcopal Church" di Charleston (Carolina del Sud) per mano del 21enne Dylann Roof nel giugno del 2015 (con un conteggio di 9 morti afroamericani compreso il reverendo che stava celebrando il culto) diversi contee e centri urbani comunali degli Stati Uniti d'America hanno preso la decisione di rimuovere tutti i memoriali e monumenti dedicati agli Stati Confederati d'America situati in terreni di proprietà pubblica.

Lo slancio di questa scelta, seppur in certi casi specifici provocando vasti dibattiti e serrate polemiche di parte - allargando il caso a livello nazionale - è stato accelerato nell'agosto del 2017 dopo l'"Unite the Right rally", un raduno accompagnato da tutta una serie di manifestazioni organizzato dall'estrema destra politica ed extraparlamentare americana a Charlottesville (nella Virginia)[1][2][3].

Un nuovo cambio d'opinione pubblica negli Stati Uniti cominciato con l'omicidio di George Floyd, uno statunitense d'origine africana, dalla polizia nel maggio 2020. Durante le proteste razziali che seguirono, molti memoriali dedicati agli Stati Confederati d'America furono abbattuti o rimossi[4].

La massiccia rimozione dei memoriali e monumenti confederati era guidata dalla convinzione che tali opere all'imperituro ricordo glorificassero in realtà la presunzione di supremazia del potere bianco e commemorassero un governo - quello della presidenza di Jefferson Davis in aperta antitesi alla presidenza di Abraham Lincoln posta in essere dal neonato Partito Repubblicano - il cui principio fondante era stato eminentemente quello non solo della perpetuazione ma anche dell'espansione della schiavitù negli Stati Uniti d'America[5][6][7][8][9].

Molti tra coloro che si oppongono alle rimozioni sostengono invece che simili manufatti facciano oramai parte del patrimonio culturale della nazione, dell'intera cultura degli Stati Uniti d'America: si tratta in ogni modo di una questione che pare lasciare aperta una ferita ancora non del tutto facilmente rimarginata nella storia degli Stati Uniti d'America[10].

Emblema del Ku Klux Klan - Una croce bianca all'interno di un cerchio con la "goccia di sangue" al centro; inscritta talvolta in un quadrato girato di 45°

La maggior parte di questi monumenti inneggianti alla guerra civile furono costruiti nel corso del lungo periodo in cui rimasero in vigore le Leggi Jim Crow - subito dopo il termine dell'Era della Ricostruzione - le quali misero nei fatti in atto una rigida segregazione razziale negli Stati Uniti d'America, amplificando il razzismo americano e dando il via alla storia del Ku Klux Klan e allo scatenamento della politica del linciaggio negli Stati Uniti d'America in aperta e feroce contrapposizione nei confronti del movimento per i diritti civili degli afroamericani.

Ulteriori dedicazioni ai presunti eroi della parte risultata irrimediabilmente sconfitta della guerra di secessione americana saranno inaugurate durante l'epoca del successivo movimento per i diritti civili degli afroamericani con l'intento - e come mezzo - dichiarato d'intimidire gli afroamericani e riaffermare il suprematismo sociobiologico della cosiddetta "razza bianca"[11][12][13].

I diversi monumenti Sudisti sono così rapidamente diventati altamente politicizzati; seguendo le considerazioni che ne ha tratte Eleanor Harvey, curatrice senior dello Smithsonian American Art Museum e studiosa dello svolgimento della guerra di secessione americana "se i fautori più fanatici del nazionalismo bianco, del neocolonialismo e finanche del neonazismo ora li rivendicano come parte del loro patrimonio, hanno essenzialmente cooptato quelle immagini e quelle statue oltre ogni capacità di neutralizzarle nuovamente in un senso il più possibile obiettivamente storico"[5].

In alcuni degli Stati Uniti meridionali la legislazione statale continua a proibire o limita fortemente la rimozione o l'alterazione dei monumenti pubblici confederati. Secondo Stan Deaton, uno degli storici anziani della "Georgia Historical Society" di Savannah (Georgia): "queste disposizioni non rappresentano altro che il Vecchio e profondo Sud il quale impone la sua morale preordinata e le proprie settarie opinioni politiche su tutti noi e per sempre. Ma questo è propriamente ciò che ha condotto direttamente alla guerra civile, ed è una cosa che ci divide ancora come paese. Abbiamo visioni in competizione non solo sul futuro, ma perfino sul passato. È ancora una volta la stessa identica storia"[14].

Grafico dei simboli pubblici della Confederazione e dei suoi leader, esaminati dal Southern Poverty Law Center, per anno di costituzione[15]
  1. ^ Natalie Schachar, Jindal seeks to block removal of Confederate monuments in New Orleans, in Los Angeles Times, 15 agosto 2015. URL consultato il 17 agosto 2017.
  2. ^ Chris Kenning, Confederate Monuments Are Coming Down Across the United States, in The New York Times, 15 agosto 2017.
  3. ^ U.S. cities step up removal of Confederate statues, despite Virginia, in Reuters, 16 agosto 2017.
  4. ^ Confederate statues are coming down following George Floyd's death. Here's what we know, in CNN, 1º luglio 2020.
  5. ^ a b Why the U.S. Capitol Still Hosts Confederate Monuments, su News.nationalgeographic.com, 17 agosto 2017. URL consultato il 20 agosto 2017.
  6. ^ What Confederate Monument Builders Were Thinking, Bloomberg News, 20 agosto 2017. URL consultato il 21 agosto 2017.
  7. ^ Confederate Statues Were Built To Further A 'White Supremacist Future', su NPR.org. URL consultato il 21 agosto 2017.
  8. ^ (EN) The History of Blaming 'Both Sides' and Why Language Matters. URL consultato il 21 agosto 2017.
  9. ^ Kevin Drum, The real story behind all those Confederate statues, in Mother Jones, 15 agosto 2017. URL consultato il 27 agosto 2017.
  10. ^ Julia Zorthian, Trump: It's 'Sad' to See U.S. Culture 'Ripped Apart' by Removing Statues, su Time. URL consultato il 10 ottobre 2017.
  11. ^ (EN) Miles Parks, Why Were Confederate Monuments Built? : NPR, su npr.org, NPR, 20 agosto 2017. URL consultato il 28 agosto 2017.
  12. ^ (EN) Striking graphic reveals the construction of Confederate monuments peaked during the Jim Crow and civil rights eras, su theweek.com, The Week, 15 agosto 2017. URL consultato il 28 agosto 2017.
  13. ^ Confederate Monuments and Civic Values in the Wake of Charlottesville. Dell Upton, Society of American Historians, 13 September 2017
  14. ^ Jessica Bliss e Holly Meyer, In the South, Confederate monuments often protected, hard to remove thanks to state laws, in The Tennessean, 17 agosto 2017.
  15. ^ Booth Gunter e Jamie Kizzire, Whose heritage? Public Symbols of the Confederacy, su Booth Gunter (a cura di), Southern Poverty Law Center, 21 aprile 2016. URL consultato il 6 ottobre 2017.
    «In an effort to assist the efforts of local communities to re-examine these symbols, the SPLC launched a study to catalog them. For the final tally [of 1,503], the researchers excluded nearly 2,600 markers, battlefields, museums, cemeteries and other places or symbols that are largely historical in nature.»

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